Abbiamo giocato nella stessa strada.
È così che si diventa davvero fratelli a Crabas, che venire dalla stessa madre non ha mai reso parenti neanche i gatti. Benedetto sempre sia il rispetto per la carne della nostra carne, ma la strada e l’averci giocato insieme offre ai bambini una più alta dimensione di parentela, che nemmeno da adulti sarà mai dimenticata. Non c’è niente di intuitivo nella generazione: il sangue segue percorsi torbidi e per questo nessun ragazzino crede davvero che basti condividere il cognome di un padre per rivendicarsi seme comune.
Come si è nati è una di quelle cose che bisogna farsi spiegare più volte, e dev’essere per questo che dopo, per tutta la loro vita, molti adulti cercano di liberarsi dalle parentele casuali affermandone altre decise da sé con puri atti di volontà. Testimoni di matrimonio vengono assunti come fratelli. Padrini e madrine dei propri figli vengono eletti a parenti d’occasione. Compari e comari nascono all’inizio di ogni estate durante la notte di San Giovanni, quando l’intera isola scintilla dei fuochi da saltare insieme mano nella mano per conquistare una fratellanza che non sia in debito con alcuna madre. Alberi genealogici spuntano di continuo dal fuoco, dal vino, dalla colpa e dall’acqua santa. Eppure neanche quei rituali millenari vincolano la memoria del cuore quanto il gioco dei bambini celebrato insieme per strada.
Non c’è stato di famiglia che possa vincere la battaglia contro i pomeriggi di sole estivo in cui si è riusciti a infilare il primo pallone in porta tra le grida dei compagni, o liberato insieme una libel- lula gigante entrata per sbaglio in un retino per farfalle. Cosa può il richiamo del proprio sangue contro la consapevolezza di essere stati la causa in- volontaria del primo sangue sgorgato dal ginocchio di un amico? Nessun Natale trascorso in famiglia compete dentro all’anima con il vento in faccia di certe discese in bicicletta senza mani, col riflesso della treccia scura che dondola sulla schiena della bambina piú bella o con la rovente vergogna di un giornale per grandi trovato tra gli sterpi e sfoglia- to insieme in silenzio, attoniti. In quelle verginità perdute c’è il segreto patto dei veri complici, il potere normativo delle prime consapevolezze comuni, contro le quali non esiste famiglia che possa pretendere maggiori diritti.
Cosí li senti davvero certi adulti nei bar, uomini fatti e disfatti mille volte dalla vita, vantarsi an- cora tra di loro dei legami nella strada dell’infanzia – abbiamo fatto il gioco insieme – come di un parto condiviso.
[Michela Murgia L'incontro Einaudi 2012]
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