sabato 30 aprile 2011

Habemus Papam

Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.
Cari giovani del secolo che inizia, dicendo «sì» a Cristo, voi dite «sì» ad ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché Egli regni nei vostri cuori e nell'umanità del nuovo secolo e millennio. Non abbiate paura di affidarvi a lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione.
(Giovanni Paolo II, Tor Vergata, 19 agosto 2000, XV Giornata Mondiale della Gioventù)

Da qualche giorno a questa parte Roma si fa più bella, si prepara per ricordare, festeggiare e accogliere un nuovo beato. Stasera alle 20 ci sarà la Veglia di preghiera al Circo Massimo, domani alle 10 la cerimonia in Piazza San Pietro.
Anche io sarò lì, puntino minuscolo in un mare di pellegrini, piccola sentinella del mattino, felicemente coinvolta in queste due giornate di grande festa e di preghiera...
Mi sento fortunata: sono nata e vivo in questa città in cui il Papa è sentito come un concittadino, uno di noi.
Quando il nuovo Papa viene eletto, in tutta la città inizia una festa di campane. La fumata bianca viene seguita da parole solenni, proclamate in latino. Poi le campane iniziano a volare, a cantare nel cielo e il loro suono si diffonde pian piano per tutta la città.
Che tu sia cristiano o no, romano o no, italiano o no, non puoi non fermarti un momento, non puoi non alzare lo sguardo, per seguire quel volo, per inebriarti di quel canto.
Quel canto annuncia che un Buon Pastore è assegnato al suo gregge, una guida importante di cui la gente ha bisogno, che gli uomini e le donne di tutto il mondo attendono.
Oggi e domani sarà un po' così per Roma e per tutti coloro che seguiranno la cerimonia di Beatificazione di Giovanni Paolo II da ogni angolo della terra.
Il mondo intero si fermerà almeno un momento e alzerà lo sguardo per partecipare al canto di gioia delle campane di Roma: il Buon Pastore sarà di nuovo tra noi.
Prepariamoci con gioia a questo evento straordinario.

lunedì 25 aprile 2011

Pasqua del Signore: l'Amore corre più veloce*


Dal Vangelo di Giovanni 20,  1-9
All'annuncio di Maria Maddalena, Pietro e Giovanni corrono.
Entrambi vanno al sepolcro, solo che Pietro non vedrà niente mentre Giovanni intuirà qualcosa.
Quando Giovanni arriva si inchina (20,5), mentre Pietro no (20,6).
Inchinarsi indica l'atteggiamento di umiltà di chi è disposto a lasciare e ad abbandonare le proprie idee, i propri ragionamenti, i propri schemi, di fronte a ciò che vede.
Giovanni è disponibile a lasciarsi plasmare di fronte a ciò che vede, a mettersi in gioco, a cambiare.
Anche Gv aveva detto: "E' finito tutto". Ma di fronte a ciò che vede deve ricredersi: "No, non è vero che è finito tutto". Pietro, invece, testa dura, no. E per questa sua non umiltà, qui non vedrà.
Nella vita bisogna inchinarsi, bisogna inginocchiarsi, bisogna accettare di cambiare, di aver sbagliato, di essersi sbagliati. Perché se tu hai deciso che niente cambierà, niente cambierà.
Ma è così perché tu hai deciso così. Ma se tu cambi, la tua vita cambia. Pietro è l'ostinato: "Non si può fare nulla". E, se credi così, nulla si farà.
Quando Giovanni arriva (20,5), dice il Vangelo, vede le bende per terra (non si dice nulla del sudario). Quando arriva Pietro (20,6-7) vede le bende e il sudario.
Le bende sono il simbolo della morte-vita, mentre il sudario è il simbolo della morte-fine.
Sembra un particolare irrilevante ma non lo è. Giovanni sta iniziando a percepire che qualcosa sta accadendo, Pietro, invece, è ancora imbrigliato dalla sua mente nella pura materialità dei fatti. Pietro dice: "Morte? Fine di tutto". Giovanni: "Morte? Ma non è che nella morte sia dischiusa la vita?".
Entrambi, poi si fanno una bella corsa. Gv descrive con minuzia chi arriva prima (Giovanni) e poi non entra; chi arriva dopo (Pietro) ed entra. Ma che solo il primo (Giovanni) vede e crede mentre il secondo (Pietro) no. Che c'interessa tutta questa descrizione particolare, precisa, minuziosa dei fatti?
Innanzitutto corrono e questo è fondamentale, decisivo. Se tu ti rassegni, se tu ti immobilizzi, se tu ti paralizzi, se tu ti fermi e decidi che non c'è più niente da fare, che non ha più senso vivere, insomma se tu non ti muovi un po' allora non è più possibile nulla. Se tu non vuoi neppure metterti in gioco, allora hai già perso!
Sepolcro vero è quando caduti in zone buie rifiutiamo ogni tentativo della Vita di farci uscire.
Pietro e Giovanni rappresentano due modalità con cui noi ci possiamo avvicinare alla Vita e alla fede.
I loro nomi dicono già tutto.
Pietro, infatti, Cefa', significa appunto pietra, duro, ostinato, "de coccio" (un nome che è un programma!); nel vangelo è colui che vuol capire solo con la testa, con la forza dei principi, che è solo razionalità.
Giovanni, che non si nomina mai nel vangelo di Gv ma di cui si dice "quello che Gesù amava" (20,2) è, come dice il nome, l'amore, l'intuizione, il sentimento, la parte emotiva, l'interiorità, la vibrazione.
La mente controlla il sentimento e cerca di contenerlo perché il sentimento è un'onda d'urto intensa e forte. La mente ci serve per capire (è Pietro che entra per primo 20,6!), per spiegare, per interpretare. Ma l'organo della vita è il cuore/anima; l'amore, la vitalità, lo stupore, la fede, la conoscenza di Dio, si percepiscono, si "sentono", si sperimentano. Per fare tutto questo serve il cuore/anima; la mente spiega cos'è successo.
Nessuno si è mai ubriacato con la parola "vino" e nessuno si è mai riscaldato con la parola "sole".
Dio, resurrezione, fede, Vita, è una persona di cui inebriarsi, appassionarsi, innamorarsi. Pietro, la mente, la durezza (quando tu non vuoi far spazio alla vita che c'è in te), non vedrà niente. Vedrà tante cose ma tutto quello che vedrà non provocherà niente in lui.
Giovanni, l'amore, l'interiorità, il sentimento profondo, non solo vedrà ma inizierà a capire, a percepire. Perché  
Giovanni entrerà con l'amore, con il cuore, con l'anima, con la parte sensibile... e vedrà! 

Quando parli con il tuo amore, guardalo negli occhi, entragli dentro. Senti non tanto cosa ti dice ma le vibrazioni del suo cuore; cogli la sua tristezza, il suo slancio, la sua meraviglia, la sua gioia, il suo amore. Quando abbracci il tuo amore, sentilo, percepiscilo, chiudi gli occhi, senti l'odore della sua pelle e il profumo del suo corpo.
Quando canti, fermati e senti le onde che vibrano dentro di te; che provocano emozioni, che con un dolce ticchettio fanno risuonare le corde della tua anima.
Quando sei in chiesa, fai silenzio, metti da parte ogni pensiero e ascoltati. Allora potrai percepire forte e chiara la presenza di Qualcun altro dentro di te. Ogni tanto fermati e ascoltati. All'inizio magari da dentro di te usciranno demoni e mostri. Ma se avrai pazienza, con calma, nel silenzio, nel tempo, scoprirai una sorgente inesauribile di vita e di luce dentro di te.

(Omelia di Pasqua, bella bella bella... da meditare... da sperimentare...)

Giovanni corre al sepolcro. Giovanni corre più veloce... l'Amore corre più veloce*