sabato 6 agosto 2011

Cerco, Prego, Ascolto, Divento... e Torno a casa*

"Pregare non è tanto ottenere, quanto piuttosto diventare."
Sören Kierkegaard

"Dicono i mistici che, quando intraprendiamo il nostro cammino spirituale, vogliamo parlare molto con Dio e finiamo per non ascoltare ciò che Egli ha da dirci. Perciò, è sempre consigliabile rilassarsi un po'. Ciò non è facile: noi abbiamo la tendenza naturale a fare sempre la cosa giusta, e pensiamo che potremo riuscire a migliorare il nostro spirito solo se lavoreremo senza sosta. In realtà, è importante tentare, cadere, rialzarsi e proseguire; ma dobbiamo lasciare che Dio ci aiuti.
Nel mezzo di un grande sforzo, dobbiamo guardare noi stessi, ma allo stesso tempo dobbiamo consentire che Egli si riveli e ci guidi. Dobbiamo permettere, di tanto in tanto, che Egli ci prenda in braccio"
Paulo Coelho

All'inizio di una meditazione sulla preghiera (guidata dalla sottoscritta) qualche anno fa, ho chiesto ai partecipanti cosa fosse per loro la preghiera: dalle loro risposte ho scoperto che molti associano l'idea di preghiera a una richiesta, una sorta di "monologo interiore" durante il quale si recitano formule prestabilite "per lo più scritte da altri" (cito testualmente).
Qualcuno ha ammesso che la maggior parte delle volte dopo pochi minuti non sa più cosa dire e si chiede come fare per restare più a lungo davanti a Dio senza annoiarsi o spazientirsi. Altri mi hanno parlato una sensazione di disagio provata durante quelle lunghe pause silenziose.
Nessuno dei presenti mi ha parlato di altri aspetti importanti della preghiera: il dialogo, il contatto, l'adorazione e l'ascolto.
La preghiera, dice il buon Kierkegaard, è autentica non quando è Dio che sta ad ascoltare ciò che gli domandiamo, ma quando è l'orante ad ascoltare.
Abbiamo due orecchie e una bocca... Dovremmo ascoltare il doppio di quanto parliamo, ma ci risulta molto difficile con chi è di fronte a noi in carne e ossa e lo può essere ancora di più se si tratta di una "entità invisibile"! Captare la voce di un Dio che consideriamo molto distante da noi non è certo semplice, se non ci prepariamo un po' e non lo consideriamo vicino, amico, in ascolto, presente nella nostra storia.
Tempo fa, in un post che ho pubblicato sulla Preghiera (Elia) parlavo di questa difficoltà e dicevo che per pregare in maniera autentica, per praticare la preghiera contemplativa, è necessario allenarsi per coltivare pian piano questo germe divino dentro di sè.
Non solo.
Pregare significa mettersi in viaggio, diventare un altro, cambiare, altrimenti, diceva Teresa d'Avila (e lei di preghiera se ne intendeva) non abbiamo realmente pregato.
La preghiera ti trasforma se glielo lasci fare. Dio prende spazio nella nostra vita, sempre di più, se gliene diamo. Così ci nutre e ci trasforma facendoci scoprire ciò che siamo realmente.
Molti confondono il dialogo della propria coscienza con la preghiera rivolta a Dio.
Per questo, come affermava una mia amica, "la preghiera è anche meditazione, ma la meditazione non è preghiera".
Ho letto molto sull'argomento, dopo aver praticato per anni la preghiera contemplativa, sperimentando formule diverse. Il mio scopo è stato soprattutto ascoltare ciò che Dio ha da dirmi, dopo aver creato un deserto dentro di me. Quando ho iniziato ero molto giovane e non avevo nessuna guida. Una mia maestra suora, quando ero molto piccola ci diceva sempre che se la sera prima di andare a dormire fossimo riusciti a far tacere tutti i rumori ed i pensieri, avremmo potuto ascoltare la voce di Dio! Ma come fare, mi chiedevo, impossibile per me non pensare, eppure questa ricerca per me iniziò proprio allora, me ne sono resa conto solo di recente. Non mi era facile, non sapevo come creare il silenzio assoluto dentro di me, sentivo solo il desiderio di ascoltare la voce di Dio, ne avevo sete, ma i miei pensieri mi distraevano. Solo molti anni dopo ho scoperto che anche quella era preghiera. Quel tempo di ricerca infantile, poi di sperimentazione più o meno consapevole è stato comunque utilissimo: posizione, respirazione, stati d'animo, distrazioni e slanci dello spirito, tutto mi ha spinta a leggere, ad integrare, ma soprattutto a lasciarmi condurre. Ho scoperto che molti avevano sperimentato, con molti condividevo la stessa sete. Ho scoperto che amare e pregare era la stessa cosa. E si impara ad amare amando, come si impara a pregare pregando.
S.Ignazio di Loyola pregava disteso a terra, S.Francesco d'Assisi ripeteva una preghiera per ore, come un mantra, fino ad entrare nel cuore di Dio (e per questa ragione qualcuno lo considera un grande yogi)! Ho provato anche queste tecniche e alla fine ho capito che la ricerca non era soltanto mia, ma che anche Dio veniva a prendermi per condurmi da Lui e per mostrarmi il mio vero volto, la mia vera identità.
Pregare è un incontro d'amore in cui si torna a casa per lasciarsi amare: è ritrovare un vecchio amico per parlargli dei nostri guai e trovare sollievo, si, ma è anche riconoscersi nella propria autenticità, a cuore nudo, spogliato del superfluo, grazie alla Sua presenza. Era ciò che cercavo, lo scopo della ricerca, fare spazio, pulizia, "balayer devant ma porte" per accogliere meglio e per trovare la mia identità e la mia missione grazie alla Guida Celeste. Sentirmi a mia volta accolta, amata, guidata. S.Francesco in fondo questo chiedeva nella sua Preghiera Semplice: di essere strumento di Dio. Pregando il crocifisso di San Damiano chiedeva "Cosa vuoi che io faccia?" La sua preghiera fu ascoltata e esaudita!
Da qualche anno sperimento "la preghiera del cuore", cioè la preghiera incessante del pellegrino russo, argomento affrontato anche nella scuola di preghiera che sto seguendo. E' una pratica silenziosa nella quale il pensiero, il respiro e la preghiera diventano una cosa sola. Diventiamo ciò che recitiamo e Dio si intreccia, poi si fonde con la nostra quotidianità, come un sottofondo continuo che segue il respiro, il battito del cuore, i gesti, i pensieri, le parole... tutto il nostro essere. E' una pratica antichissima, affascinante, che trasforma. La preghiera come l'aria che si respira, come il sangue che scorre nelle vene.
Io credo che la ricerca di Dio sia una strada che ognuno di noi deve percorrere secondo la propria inclinazione. Dio ci ha dato tanti percorsi per giungere a Lui, basta trovare il proprio. Noi ci mettiamo lì, con l'amore, il desiderio, la sete: ci consegniamo nelle mani di Dio e poi Lui fa il resto, se lo accogliamo a cuore aperto.
In questo percorso personale non dobbiamo dimenticare la preghiera comunitaria, altrettanto importante: anche questa dimensione, riscoperta dopo tanti anni di ricerca individuale, ha reso ancora più ricca la mia preghiera personale e solitaria. (Sto approfondendo anche la "preghiera di legatura", di cui parlerò in un altro post).
Le esperienze si mescolano in un crescendo, la strada è lunga e bella, ancora c'è molto da imparare e da vivere. C'è Dio da incontrare. Mettiamoci in cammino e in ascolto, con un cuore nuovo.
*Più ti conosco e più ti amo.
Più ti amo e più cerco... e più ti cerco e più trovo il mio volto.
Mi hai disegnata nel palmo della tua mano, sei scolpito nelle pareti del mio cuore*

lunedì 1 agosto 2011

E' questo il vero Miracolo*

"Il senso del miracolo è che più si condivide e più le cose si moltiplicano.
L'unione fa la forza. 
Condividi quello che hai, quello che sei, quello che conosci e tutto si moltiplicherà.
Se ci si mette insieme i miracoli s'avverano. 
Se ognuno fa la sua parte l'impossibile diventa possibile.
Tra amici, più si condivide ciò che si vive, ciò che si prova, gli alti e i bassi delle proprie giornate e più l'unione si moltiplica, diventa forte, intima e profonda.
Una gioia condivisa si moltiplica; un dolore condiviso si dimezza.
Il miracolo vuol dire: quel che sembra impossibile spesso non lo è."

Dall'omelia di ieri...
Sei una Parola dolce che spezza il Pane e lo moltiplica. 
E' questo il vero miracolo.
Amen*