lunedì 5 settembre 2016

Sei nel mio dolore, Signore*

Ciao Dio. Ti scrivo per dirti che il mio paese non esiste più. Il terremoto ha cancellato le strade, le case, le piazze, i balconi fioriti. La salita che percorrevo in bicicletta da bambina, il negozio in cui mia madre mi comprava la merenda, il sorriso del macellaio e il profumo buono dei salumi, l’aria romantica di Maria, la figlia del vicino, il sapore di quella pasta che ci preparava Gianni nel suo ristorante, Ti ricordi quanto mi piaceva?
Tutto spazzato via.
Anche la mia casa non c’è più e con lei tutte le cose amate messe da parte con cura, anno dopo anno, le foto di famiglia, la tovaglia all’uncinetto di nonna, le mie bambole e i miei libri. In pochi attimi mi è stato strappato via tutto, tutto si è ridotto in polvere.
 “Ricorda che sei polvere e alla polvere tornerai”, recita la Genesi…. ma c’è un Salmo, lo ricordo bene, che dice: “..eppure l’hai fatto (l’uomo, ndr) poco meno degli angeli… “
Ecco, oggi ho visto tanti angeli tornare alla polvere, caro Dio. Ho visto i corpi di mia sorella e di mio cognato abbracciati, stretti forse per darsi conforto, in un ultimo gesto di protezione e tenerezza. Si amavano tanto, da 25 anni. Sono volati via insieme, troppo presto, troppo presto.
Li abbiamo cercati a lungo, sai Signore. E certo che lo sai. Per due giorni interi li abbiamo cercati ed abbiamo sperato pregando di giorno e di notte di estrarli vivi dalle macerie. E mentre li cercavamo la lista di angeli ridotti in cenere si allungava mentre in noi crescevano il dolore e la costernazione. Abbiamo cercato, in tutti i volti devastati da questa tragedia, un briciolo di speranza. Ma anche quella, forse, era ridotta in polvere. Ho visto scorrere una lista infinita di nomi e di foto in cui avrei dovuto riconoscere i miei cari. E nella ricerca senza esito quanto strazio, quante lacrime, quanta disperazione ho visto e provato.
In quel calvario ho pregato, Ti ho cercato.
Ma dove sei? — Ti ho chiesto. Non ho ricevuto risposta.
“Il silenzio di Dio” lo hanno chiamato.
Si sprofonda nel buio più cupo, nessuna cosa è al suo posto, non c’è più niente, neanche la speranza ti resta per attaccarti forte alla vita. Come una coperta di cui hai un disperato bisogno per scaldarti nel buio della notte che ti viene strappata improvvisamente e scivolando via dal tuo cuore e lo lascia nudo, scalzo, gelato.
Mi hanno insegnato che quella specie di angelo che siamo non può sopravvivere senza speranza. Ed io, forse, Signore, in quel momento ero morta.
Eppure Ti ho cercato. Nelle strade piene di polvere e di morte, Ti ho cercato. Pioveva cenere dal cielo ed io Ti cercavo. Ho vagato con fatica nella “zona rossa” guidata da un poliziotto, ero accecata dalle lacrime ma Ti cercavo.
Camminando tra le macerie ho visto ciò che rimane della chiesa del paese. L’altare in frantumi, il campanile ormai muto, orfano del suono di quella campana che tante volte ho sentito cantare gioiosa. Ho alzato gli occhi e Ti ho visto. Un braccio spezzato, Tu come me, nel dolore, aggrappato alla croce come il mio cuore alla speranza. Eri lì, ho capito, c’eri sempre stato.
“Ti ho trovato”, ha detto il mio cuore prima ancora delle labbra, “sei sempre stato accanto a me”. Anche Tu straziato, devastato, ma accanto. Davanti a quella croce a brandelli mi sono inginocchiata e ho pianto. Tu eri anche lì, nel mio dolore, Signore.
Non so se potrò mai dimenticare questo orrore. Non so come si possa trovare la forza in una simile desolazione, come si faccia a camminare a respirare, se non ci sei Tu, se non troviamo Te in questo dolore, Signore.
In quelle lacrime di sangue, in quel cielo da cui da giorni piove cenere, con il cuore spezzato dalla tragedia, io so che Tu ci sei.
Sei nella mano che ha stretto la mia per tutto il tempo, mentre camminavo su ciò che rimane della mia casa e del mio piccolo mondo. Sei nelle lacrime di gioia (sì, proprio così) del pompiere che ha salvato una bambina rimasta per ore sepolta dalle macerie, sei nel cuore di tutti quelli che hanno pregato per me, sperato con me. Sei nell’abbraccio in cui si sono stretti mia sorella e il suo amore prima di morire, perché Tu eri, sei e sarai ancora nel loro amore, Signore, di certo.
Sei nella volontà di ricostruire, Signore, sempre, sempre, sempre.
Sei nelle mie parole di oggi, anche se strazianti, disperate, addolorate.
Queste parole che Ti scrivo Signore sono le nostre mani, i nostri piedi: sono feriti, sporchi di sangue e di polvere, ma vogliono ancora toccare e camminare.
Fa che camminino nel mondo per dare conforto a chi è straziato, speranza a chi l’ha persa, luce a chi muore dentro perché non Ti trova più.
(Dedicato a Simona, ad Antonio, a tutte le vittime del terremoto, defunti e superstiti).

Nessun commento: